La Camera ha approvato in prima lettura il ddl che converte in legge il decreto Sicurezza, quello che in un comma consente agli ufficiali e agli agenti di pubblica sicurezza non in servizio di portare le armi senza licenza; creato anche un fondo per la tutela legale.
Manca ancora l’ultimo passaggio formale, l’approvazione del Senato; intanto sulla conversione del decreto Sicurezza s’è espressa la Camera, che approvandolo (163 sì, 91 no, un astenuto) ha votato anche a favore del comma che agli ufficiali e agli agenti di pubblica sicurezza non in servizio consente di portare, «senza licenza, le armi previste dall’articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza», la cui base è il regio decreto 773 del 1931.
In favore degli stessi ufficiali e agenti di pubblica sicurezza «appartenenti alle forze di polizia a ordinamento civile o militare», come di quelli di polizia giudiziaria e dei vigili del fuoco, «indagati o imputati per fatti inerenti al servizio» e intenzionati ad avvalersi «di un libero professionista di fiducia», il medesimo provvedimento crea un fondo per la tutela legale, al quale possono accedere anche «il coniuge, il convivente di fatto» o i figli orfani: per ciascuna fase del provvedimento il governo stanzia 10.000 euro a testa. Si prevede la rivalsa solo «se al termine del procedimento [la magistratura] ha accertato la responsabilità […] a titolo di dolo».
Al Senato non s’attendono sorprese: per convertire in legge il decreto il parlamento ha tempo fino al 10 giugno (l’11 aprile l’entrata in vigore); e dunque è quasi nullo lo spazio per una terza lettura, obbligatoria in caso di modifiche. Al contrario, non si esclude che al momento del voto il governo chieda la fiducia, per blindare definitivamente il provvedimento.
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