Fu denunciato dalla moglie: querele ritirate, porto d’armi anche

giustizia

Il peso dell’attrito coniugale. Secondo il Tar del Lazio non importa che il procedimento penale non abbia avuto seguito: ha ragione la prefettura nel ritirare il porto d’armi a un cittadino romano.

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© Zolnierek

Anche se poi ritirate, le querele per percosse, lesioni personali e maltrattamenti contro familiari possono dare il via a un iter che si conclude col ritiro del porto d’armi. Lo ha scoperto oggi un cittadino di Roma, che aveva il porto d’armi dal 1993 e che nel 2011 fu denunciato dalla moglie: non importa che le querele siano state rimesse e praticamente in contemporanea la procura abbia optato per l’archiviazione.
Dopo sette anni dall’avvio del procedimento, il Tar del Lazio ha rilevato l’esistenza degli estremi per la revoca del porto d’armi: doveva essere lo stesso cittadino a comunicare alla prefettura che le denunce non avevano avuto seguito (testualmente, “era onere del ricorrente, notiziato dall’amministrazione dell’avvio del procedimento teso all’adozione del provvedimento impugnato in questa sede [la revoca del porto d’armi, ndr], informare l’amministrazione stessa di tale rilevante dato [l’infondatezza della notizia di reato, ndr]”). Pertanto al Tar non interessa nemmeno che a detta dell’uomo tutto nasca da “un episodio di attrito coniugale, determinato da una presunta relazione extraconiugale del marito e dal conseguente desiderio di vendetta della moglie, che l’avrebbe indotta a proporre le querele, assumendo di essere stata destinataria di comportamenti aggressivi da parte del medesimo”.