Modifica di un’arma: anche se la fa l’armiere, si rischia il porto d’armi

Modifica di un’arma anche se la fa l’armiere, si rischia il porto d’armi
Archivio Shutterstock / Marian Weyo

Il Tar di Palermo ha respinto il ricorso di un cacciatore contro la revoca del porto d’armi. Il provvedimento della questura era stato emesso per la violazione della legge 110/75 che disciplina la modifica di un’arma

Modifica di un'arma anche se la fa l’armiere, si rischia il porto d’armi
Foto d’archivio (Archivio Shutterstock / Marian Weyo)

La modifica di un’arma può compromettere il porto d’armi. Anche se a realizzarla è un armiere. Lo ha stabilito il Tar di Palermo con la sentenza 170/2017 pubblicata il 23 gennaio. E a niente giova che il reato si sia prescritto nel frattempo. Il rilascio del porto d’armi e la sua revoca sono provvedimenti amministrativi. E seguono pertanto altre linee guida.

Tutti i rischi della modifica di un’arma

Nel 2012 il questore di Trapani dispone la revoca del porto d’armi nei confronti di un cacciatore siciliano. La sua colpa: essersi fatto modificare il fucile Beretta calibro 12 dal proprio armiere di fiducia quattro anni prima. Violando l’articolo 31 della legge 110/75 che disciplina l’alterazione di armi. La rimozione della strozzatura della canna ha determinato la sua riduzione da 81 a poco più di 62 centimetri. E così l’arma si rende più occultabile, anche se l’armiere dichiara il contrario. E comunque in ogni caso l’alterazione rende più agevole il porto e l’uso del fucile. A niente serve la testimonianza dell’esecutore dell’alterazione. L’armiere ha infatti dichiarato di aver eseguito personalmente l’operazione dietro incarico del proprietario. E non importa che, “così facendo non si è alcun modo alterata la natura dell’arma”. L’esecutore materiale testimonia infatti che “da tale operazione l’arma non risulta potenziata o maggiormente occultabile. Le dimensioni attuali risultano ampiamente entro i margini di lunghezza standard per un fucile da caccia”.

La responsabilità penale è personale. Ma quella amministrativa?

Ma per il Tar i rilievi del cacciatore sono troppo deboli. Non importa che ad alterare l’arma non sia stato personalmente il proprietario. Per un procedimento amministrativo come la revoca del porto d’armi, è sufficiente che abbia incaricato un terzo. E non è vero che la questura “si è soffermata su un singolo episodio, senza valutare in maniera complessiva la personalità del richiedente”. Il Tar ritiene che “il singolo episodio è idoneo a supportare il diniego di rinnovo” perché specificamente attinente alla materia delle armi.

E dunque la modifica di un’arma, o la sua alterazione, può costituire motivo sufficiente per la revoca del porto d’armi. Anche se non lo si fa in prima persona. Anche se il reato cade in prescrizione. E anche se le nuove misure risultano compatibili con le previsioni di legge.