Porto d’armi per difesa ai commercianti, l’articolo del Corriere

Porto d’armi ai commercianti, l’articolo del Corriere: uomo prende o mette pistola in cassaforte
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Si sa che non è scontato che i commercianti ottengano il porto d’armi per difesa solo perché fanno parte d’una specifica categoria professionale. Oltre alla storia però l’articolo del Corriere della Sera consente di mettere a fuoco qualche altro passaggio.

Per chi frequenta la sezione «legge» di Armi Magazine non è una notizia granché sorprendente: si sa da tempo che non è detto che i commercianti e gli imprenditori ottengano il nulla osta al rilascio o al rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa soltanto perché appartengono a una specifica categoria professionale. Ci sta però che su certi argomenti la stampa generalista arrivi più tardi di quella specializzata: l’articolo che il Corriere della Sera (lo firma Carlo D’Elia) dedica a una di queste vicende merita dunque una lettura su più livelli.

Il primo si limita ai fatti: una decina di giorni fa il Tar della Lombardia (sentenza 2348/2023) ha respinto il ricorso d’un imprenditore, amministratore di due società (fornitura di macchinari, compravendita d’immobili), socio di un bar-pasticceria-gelateria, dei cui incassi provvede al deposito, e coadiutore d’una rivendita di tabacchi, cui la prefettura di Lodi ha negato il rinnovo del porto d’armi.

Perché si possa dimostrare d’aver bisogno della licenza, ricorda il Tar, non basta dichiarare di far parte d’una categoria professionale; anche perché, ed è il passaggio che più ha interessato il Corriere della Sera, oggi non c’è bisogno di portare in giro denaro contante in gran quantità, visto che ci si può avvalere di mezzi di pagamento alternativi come la moneta elettronica.

Articolo sul porto d’armi ai commercianti: tre livelli di lettura

Il secondo livello di lettura riguarda l’articolo del Corriere della Sera: il cronista non s’è accorto che il passaggio su porto e detenzione, «che non costituiscono diritto assoluto ma eccezione al normale divieto», non è una novità, ma da anni è replicato identico in tutte le sentenze di questo tipo. Allo stesso tempo è molto difficile che la decisione del Tar «crei un precedente importante e serva agli uffici della prefettura per valutare altri casi del genere».

C’è però un terzo livello di lettura: è bene che, al netto delle imprecisioni, anche la stampa generalista s’occupi di queste questioni; potrebbe essere un modo per far capire al grande pubblico che in Italia ottenere il porto d’armi non è così scontato.

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