Caccia alla beccaccia e cinofilia agonistica: un passo indietro

beccaccia

beccaccia

E’ oramai “eterna” la disputa tra i cacciatori cinofili circa l’utilità e l’opportunità di presentare i propri cani alle prove di lavoro. Ed è anche un ritornello l’affermazione che la cinofilia agonista deve essere al servizio della caccia…

… che è una verità, certo, ma su cui vale la pena soffermarsi e valutare se è davvero un concetto così assoluto.

Le prove di lavoro aiutano a mettere in evidenza quei soggetti appartenenti alle varie razze che rappresentano dei punti di partenza per continuare a selezionare cani che poi possano essere utilizzati con successo sul terreno di caccia. Riproduttori la cui genetica dovrebbe garantire la continuità di “sangue buono” nelle vene dei nostri cani da caccia. L’occhio degli esperti giudici dovrebbe individuare, al di là di qualifiche e cartellini, i cani che manifestano quelle qualità naturali che devono appartenere a un cane da cacciache caccia. E’ così che si fa selezione, che si fa zootecnia.

Ma i beccacciai, coloro che concentrano i propri sforzi e quelli del proprio ausiliare principalmente in una sola disciplina venatoria, perché dovrebbero partecipare alla giostra della cinofilia agonistica? In fondo quei 15 minuti che possono apparire come un ritratto sbiadito della caccia vera che differenza possono fare per quei cani che, per trovare una beccaccia, devono avere fisico e testa tali da resistere e cacciare spesso per ore in terreni sovente ben diversi da quelli in cui si svolge lo spettacolo delle prove cinofile? Perché un cane da ferma non nasce cane da beccacce, un cane da ferma nasce per lavorare con metodo e arguzia su tutta la selvaggina da penna che abita i nostri terreni di caccia.

La caccia con il cane da ferma, come proprio nelle pagine di questo numero di Beccacce che Passione spiega Andrea Selvi, è un “affare” complesso e la sua complessità è proprio la sua “grande bellezza”. Un cane da beccacce non può essere tale se non è prima un bravo… cane da ferma.

Condivido con voi questo pensiero: non è forse il caso di fare un passo indietro (o avanti…) e guardare con meno distacco le prove di lavoro? Se i palcoscenici della cinofilia agonistica non offrono ai nostri sguardi cani buoni per la caccia, non è anche, in parte, responsabilità dei cacciatori che hanno ritirato dalla scena i loro cani cacciatori? Restituiamo ai nostri cani la visibilità che meritano e accettiamo le regole di un gioco che ha come fine quello di enfatizzare il buon cane da ferma; che, come tutti gli esseri viventi, può avere dei talenti specifici e può imparare meglio qualcosa rispetto a un’altra, ma che non deve deficere delle tante qualità indispensabili a un cane cacciatore a tutto tondo.

Una parentesi

E apro qui una piccola parentesi sulle prove specialistiche. Non si dimentichi che nelle prove su beccaccia e su selvaggina di montagna l’impronta della valutazione dei giudici è prettamente orientata alla valorizzazione delle doti venatiche, piuttosto che di quelle stilistiche e di dressaggio, dei soggetti presentati, quindi questo genere di prove a maggior ragione rappresenta un palcoscenico privilegiato per i “cani cacciatori”. E più “cani cacciatori” i giudici avranno modo di valutare e di osservare durante le prove di lavoro, più i giudici stessi sposteranno l’asticella delle loro valutazioni verso il cane da caccia piuttosto che verso il cane da prove. Ma bisogna esserci! Bisogna che i giudici abbiano modo di vedere e osservare sul terreno questi “cani cacciatori”.

Così, allo stesso modo, i cani dei cacciatori dovrebbero tornare in forza a popolare i ring delle expo. Ma questa è ancora un’altra storia…

Dipende anche da noi

La distanza che percepiamo minacciosa tra caccia e cinofilia forse, allora, dipende anche da noi. La cinofilia è sì al servizio della caccia, ma un rapporto di reciprocità tra la caccia con il cane da ferma e il mondo delle prove potrebbe sicuramente servire a restituire ai cacciatori e ai loro cani il ruolo di protagonisti nella selezione del cane da ferma; selezione che, nel rispetto degli standard che caratterizzano le razze, deve rispondere alle esigenze di funzionalità e utilizzo da parte di chi si accompagna con un cane nella pratica venatoria.

Facciamo un passo indietro, usciamo di nuovo dalla gabbia dorata del bosco dove ci siamo beatamente confinati e mostriamo i nostri cani. Sono certa che in tante case dimorano ausiliari eccellenti che varrebbe la pena mettere sotto i riflettori anche solo per un giorno. E sicuramente, almeno per alcune razze da ferma, si prospetterebbe un futuro più roseo.

© Viviana Bertocchi, editoriale Beccacce che Passione 4 2018

v.bertocchi@editorialecec.com