Come sappiamo, la direttiva europea sul controllo delle armi è stata approvata, nella versione Imco votata a fine gennaio, senza modifiche o emendamenti. Dovrà essere pubblicata, e in seguito recepita, dagli Stati membri.

La domanda che tutti gli appassionati si stanno ponendo sulla direttiva armi è: cosa accadrà in Italia?

Prevedere cosa accadrà in concreto è al momento impossibile, anche perché molti punti restano a discrezione del singolo Stato.

A oggi non si può prevedere se l’Italia consentirà il possesso di determinate armi, quelle ricollocate nella categoria “A” che sono, a ogni effetto, “armi proibite”.

Di conseguenza è un azzardo consigliare una corsa agli acquisti (prima che sia troppo tardi, dicono alcuni) o una corsa alla vendita di tali armi. Una incertezza che perdura da alcuni anni e non ha certo giovato al comparto commerciale.

La prima grande bugia

Una lettura del testo della direttiva 477, lungo e complesso, rivela (meglio dire “svela”) ciò che avevamo detto e scritto da sempre, da quando erano iniziati i tira-molla, le indiscrezioni, i proclami: la sua non attinenza con il terrorismo e la nostra sicurezza da questa incombente minaccia.

La direttiva 477 attiene al controllo sull’acquisto legale e sul possesso legale delle armi, e andrà a incidere su alcuni aspetti del loro utilizzo: non riguarda il terrorismo.

Una prima grande bugia, dunque, propinata in primis dalla Francia che, dopo i numerosi attentati, doveva trovare qualcosa per spiegare ai propri cittadini le ragioni del fallimento delle politiche di integrazione. Si sono poi aggiunti altri Paesi, tra i quali l’Italia, che per altri e diversi motivi non vogliono che il cittadino possegga armi da fuoco.

Quali sono gli obiettivi?

La direttiva 477 va dunque vista in quest’ottica:

  1. costituire un pretesto, loro diranno “una efficace motivazione”, affinché lo Stato neghi l’accesso ad alcune categorie di armi comuni da sparo;
  2. rendere più complesso, per il cittadino rispettoso delle leggi, comprare, detenere, e usare molti tipi di armi da fuoco;
  3. aumentare la burocrazia, i costi, e le formalità per le concessioni, al fine di scoraggiare i soggetti meno motivati;
  4. subordinare l’uso di molte armi alla sussistenza di particolari “status”, quale quello del “tiratore sportivo”, dividendo e parcellizzando le categorie di utenti per togliere loro potere (già oggi scarsissimo) e rappresentanza.

Quali sono i veri motivi?

Tutti questo, come si vede, non ha alcuna attinenza con i terroristi, che non vanno al commissariato a compilare moduli, non vanno presso le commissioni mediche a fare visite di controllo, e soprattutto non vanno in armeria per gli acquisti.

I veri motivi? Temo li scopriremo tra qualche anno, ma da tempo gli americani hanno coniato un aforisma che andrebbe scolpito nella pietra: politicians prefer unarmed citizens (i politici preferiscono i cittadini disarmati).