I primi effetti della circolare del ministero

I tribunali cominciano a recepire le indicazioni del ministero dell’Interno sulle condizioni ostative per il rilascio del porto d’armi.

I tribunali cominciano a recepire le indicazioni del ministero dell'Interno sulle condizioni ostative per il rilascio del porto d'armi.
© Kevin Brine
(foto d’archivio)

Alla fine dell’estate se n’è parlato in più circostanze: ora la circolare del ministero dell’Interno che disciplina le condizioni ostative per il rilascio del porto d’armi comincia a essere recepita anche dalla giurisprudenza. I primi benefici sono stati vissuti da un cittadino trentino che era incappato nel mancato rinnovo del porto d’armi venatorio per un furto del 2011: all’epoca la detenzione era stata convertita in pena pecuniaria, pari a 40 euro per ogni giorno di reclusione. E, come chiarito dalla circolare del 31 agosto, sia l’articolo 11 (autorizzazioni generiche di polizia) sia il 43 (licenza di portare armi) del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza non prevedono un divieto obbligatorio in caso di condanna a una pena pecuniaria.

L’unico discrimine tra i due articoli si verifica nel caso di condanna alla detenzione senza successiva riabilitazione: in questo caso il divieto è obbligatorio se si parla di licenza di portare armi, discrezionale per tutte le autorizzazioni generiche di polizia. Ma la pena pecuniaria rifugge alla dicotomia: con la sentenza pubblicata nella serata del 31 ottobre i giudici del Tar di Trento hanno pertanto revocato il provvedimento automatico della questura, imponendo all’amministrazione di valutare tutte le circostanzesoggettive e oggettive” che caratterizzano il caso.