Per la giustizia amministrativa non c’è prescrizione

Porto d'armi uso venatorio

Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione della questura e del Tar della Calabria. Niente porto d’armi uso caccia per un uomo che nel 1991 e nel 2006 ha violato la legge sulle armi e sulla caccia.

Niente porto d'armi uso caccia per un cittadino denunciato nel 1991 per omessa custodia delle armi e condannato poi per violazione della legge sulla caccia.
Archivio Shutterstock / Nate Samui

Ventisei anni fa era stato denunciato per omessa custodia delle armi. E nel 2006, durante un appostamento di caccia al cinghiale, fu sorpreso con quattro cartucce dello stesso calibro e a usare delle munizioni spezzate. Pertanto è legittimo il diniego del porto d’armi uso caccia nei confronti di un cittadino calabrese che aveva presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione della questura confermata dal Tar. L’uomo faceva parte del consiglio comunale di Vibo Valentia e l’assemblea è stata sciolta per ben due volte per minacce di infiltrazioni mafiose. Ma più che questi episodi, per il rilascio del porto d’armi viene valutata la condotta personale dell’individuo. E i due precedenti del 1991 e del 2006 sono sufficienti per negargli la licenza. Almeno secondo il Consiglio di Stato che, di fatto, ha l’ultima parola.