Oggetto di mille chiacchiere da bar e da armeria, quello relativo alla necessità e all’efficacia del rodaggio della canna è uno di quegli argomenti indimostrabili che richiedono un atto di fede.

Partiamo da una considerazione iniziale. Ogni canna rigata, che sia da tiro o da caccia, ha delle caratteristiche proprie legate alla qualità del procedimento produttivo e all’inizio della sua vita operativa fornisce delle prestazioni non sempre coerenti che – ci insegna l’esperienza – si assestano dopo una ventina di colpi circa.

È questa l’esperienza che facciamo ogni volta che dobbiamo testare una carabina o azzerare l’ottica applicata a un’arma nuova. I primi colpi ci lasciano spesso insoddisfatti e non permettono di ottenere rosate significative, probabilmente per la presenza di minime asperità lasciate in lavorazione, minime imperfezioni che il passaggio di qualche palla corregge.

La situazione può essere enfatizzata dalla contemporanea presenza di residui di lubrificanti in canna che modifica la meccanica di passaggio dell’ogiva. Ma, per l’olio, è generalmente sufficiente sparare 3-4 colpi per ripulire del tutto l’anima e tornare alle prestazioni attese.

Prime considerazioni

Per quanto riguarda l’aspetto vero e proprio del rodaggio della canna, procediamo con alcune considerazioni.

La prima è quella di evitare un uso intensivo dell’arma nuova. Un po’ come per un’automobile appena ritirata dal concessionario. Non è bene spremere le potenzialità del motore ai primi chilometri. A una canna nuova va lasciata la possibilità di assestarsi evitando un surriscaldamento che potrebbe risultarle dannoso.

È quindi opportuno organizzare sedute di tiro che prevedano brevi serie di sparo seguite da intervalli utili al raffreddamento. Buona norma sarebbe prevedere un congruo intervallo tra serie di 3 colpi fino a raggiungere quella soglia di 20 colpi che abbiamo identificato essere quelli critici.

Rodaggio professionale

Molti tiratori di precisione, e qui parliamo di tiro alle lunghe distanze più che di quello in contesto venatorio, agiscono però molto più coscienziosamente ed estendono il rodaggio a una cinquantina di colpi eseguendo continui interventi di pulizia.

Molti agiscono così:

  • per i primi cinque colpi, provvedono a un intervento di pulizia con un solvente sramatore (mai un prodotto abrasivo) passato con uno scovolo in bronzo o in nylon o una pezzuola a ogni colpo;
  • per i successivi dieci, la pulizia avviene ogni due colpi;
  • per i successivi quindici, ogni cinque.

Poi provvedono a sparare gli ultimi venti colpi e concludono l’operazione con una pulizia molto accurata effettuata con un passaggio di solvente specifico per canne che lasciano agire 24 ore, ripetendo l’operazione più volte.

Questi interventi sono volti a ripulire perfettamente le creste delle rigature e – assai più importante – le eventuali asperità che dovessero essere presenti al punto di raccordo tra camera di cartuccia e inizio della rigatura.

Chiaramente un intervento di questo genere richiede più giorni per completare la manutenzione e non è alla portata di tutti. Ma è risolutivo. Forse più per la psiche del tiratore, che non rimarrà nel dubbio di non aver fatto quanto doveva fare, che per la reale utilità del trattamento, indimostrabile.

L’efficacia dell’intervento sarà dimostrata osservando la diminuzione dei depositi asportati ad ogni azione di pulizia, conseguenti alla riduzione di quelle asperità in grado di raschiare la camiciatura delle palle e che sono proprio l’elemento che con il rodaggio si tende a eliminare.

Il processo di rodaggio della canna, proprio a causa dell’asportazione di queste imperfezioni, procura una variazione dimensionale della camera di cartuccia che, in casi particolari, può arrivare ai 5 decimi di millimetro. È bene che lo sappiano i ricaricatori in maniera tale da calcolare il valore del throat con la giusta consapevolezza e precisione.

Per le armi corte

E per le pistole? In linea di massima cambia poco o nulla anche se ci sentiamo di dire che un rodaggio come quello appena descritto può avere una logica nelle armi di precisione – magari per il tiro accademico – mentre per le altre è sufficiente un minimo di buon senso per ottenere risultati ottimali.

Tanti tiratori di punta del nostro movimento del tiro a segno, sentiti in più occasioni, hanno candidamente ammesso che non praticano alcun rodaggio con la consapevolezza che nei piccoli calibri le migliori performance balistiche si otterranno dopo alcune centinaia, se non migliaia, di colpi.

A questo proposito è utile sottolineare che si parla di calibri di modesta potenza e con palla in piombo, metallo notoriamente molto malleabile, che garantiscono alla canna una vita operativa di decine di migliaia di colpi, fino a 100.000 nelle discipline meno stressanti come la già citata pistola libera. Molto diverso è il caso della pistola automatica, dove difficilmente la vita operativa della canna si estende oltre i 40.000 colpi.

Da fare sempre

Indispensabile ci sembra piuttosto una costante pulizia della canna durante la sua vita.

Un eccessivo deposito di rame o di piombo tra i solchi, questo sì, riduce drasticamente la precisione ed è pertanto indispensabile che una pulizia grossolana con lo scovolo sia effettuata al termine di ogni allenamento e una più approfondita non oltre i 500 colpi. Ciò per evitare che la stratificazione dei residui (rame o piombo e residui di combustione) ne renda troppo complicata l’asportazione.

Nelle armi di grosso calibro, è bene prevedere una buona pulizia a intervalli di 30 colpi. O, per i cacciatori che non raggiungono questa soglia minima, almeno al termine di ogni stagione venatoria.

E voi come vi prendete cura delle vostre armi?