Un furto di armi può portarsi via anche la licenza

Furto di armi
© Denis Simonov

Il Tar del Piemonte ha respinto il ricorso di un cittadino piemontese che subì un furto di armi nel 2012: confermato il divieto di detenzione.

Il Tar del Piemonte ha respinto il ricorso di un cittadino piemontese che subì un furto di armi nel 2012: confermato il divieto di detenzione.
© Denis Simonov

Se le armi vengono rubate, si rischia di perdere anche la licenza. Basta che ci sia qualche elemento che faccia pensare alla negligenza nella loro custodia. Come nel caso di una guardia venatoria provinciale di Torino, “agente di pubblica sicurezza senza alcun precedente penale e legittimo possessore di armi da trentacinque anni” al momento del furto, avvenuto nell’estate 2012. Nel pomeriggio di ieri il Tar del Piemonte ha respinto il suo ricorso contro la decisione del prefetto che gli ha vietato la detenzione di armi. Non importa che il relativo procedimento penale sia stato estinto con l’oblazione.

Nella denuncia rilasciata ai carabinieri immediatamente dopo il furto di armi, l’uomo aveva infatti dichiarato di non aver chiuso a chiave la porta posteriore di ingresso della propria abitazione, di aver lasciato le chiavi inserite nella serratura dell’armadio e un fucile fuori dalla cassaforte. A niente è valso il seguente tentativo di rettifica: la prima dichiarazione, “errata e confusa”, era stata condizionatadal fortissimo stato di panico e shock”. In realtà, afferma la guardia, “le armi erano diligentemente custodite chiuse a chiave nell’armadio e accuratamente nascoste dietro le divise di lavoro, le chiavi dell’armadio erano occultate in luogo sicuro, la casa è dotata di inferriate alle porte e alle finestre su tutti i lati dell’immobile e la porta di ingresso posteriore è stata forzata con un grimaldello”. Ma per il Tribunale si tratta solo di un “espediente difensivo”, per “ridimensionare le responsabilità”.

In più: anche se fosse davvero andata così, l’aver dimenticato uno dei fucili fuori dagli armadi “senza occultarne la presenza” è sufficiente a legittimare il giudizio di inaffidabilità.