La Cassazione su riduzione dei caricatori e demilitarizzazione di un’arma

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Accogliendo il ricorso della procura di Brescia, la prima sezione penale della Cassazione ha chiarito che, perché sia portata a termine la procedura di demilitarizzazione di un’arma, la riduzione per costruzione dei caricatori è imprescindibile. Si torna a parlare delle carabine Zastava modello M76.

Non basta eliminare la capacità di sparo a raffica: della procedura di demilitarizzazione di un’arma fa parte integrante la riduzione per costruzione della capacità del caricatore. Per ottenere la qualifica di arma comune da sparo, devono esservi contenuti al massimo cinque colpi. Lo ha stabilito la Cassazione accogliendo l’appello del procuratore di Brescia. Dopo l’udienza dello scorso marzo, le motivazioni sono state depositate il 28 giugno. Il pm aveva impugnato l’ordinanza del gip che aveva detto sì al ricorso di dieci proprietari di carabine Zastava modello M76. Le armi erano state inizialmente sequestrate perché, secondo la procura, non era stata completata la procedura di demilitarizzazione.

Il pm contestava la mancata “riduzione per costruzione dei caricatori”. Il volume di fuoco dell’arma non era stato pertanto diminuito da dieci a cinque colpi. Il tribunale aveva considerato irrilevante l’omessa riduzione del caricatore, che considerava portato di una norma secondaria, e aveva revocato il sequestro. Ma la Cassazione ha ribadito che la procedura di demilitarizzazione di un’arma non può prescindere dalla “riduzione per costruzione della capacità del caricatore”.