Incauta custodia: si può perdere il porto d’armi in caso di furto

Incauta custodia si può perdere porto d'armi in caso di furto
Archivio Shutterstock / Francesco Ocello

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di un cacciatore che si era visto privato della licenza per incauta custodia dopo un furto nella propria abitazione

Incauta custodia. È motivo sufficiente alla revoca del porto d’armi. Anche in caso di furto subito.

Incauta custodia si può perdere porto d'armi in caso di furto
Archivio Shutterstock / Francesco Ocello

Lo ribadisce una sentenza del Consiglio di Stato emessa e poi depositata nel corso del mese di dicembre 2016. La decisione nasce dal ricorso di un cacciatore contro gli atti della Questura di Reggio Emilia e il Ministero dell’Interno. L’uomo, il cui nome è coperto dagli omissis di rito data la delicatezza della pronuncia, aveva appellato la prima decisione del Tar dell’Emilia Romagna. Ma il Consiglio di Stato ha nei fatti confermato l’impostazione del Tribunale amministrativo.

Revoca della licenza per incauta custodia e primo ricorso: la decisione del Tar

Il primo ricorso al Tar dell’Emilia Romagna, sezione di Parma, risale al 2013. L’uomo contestava la revoca della licenza di porto di fucile uso caccia. Durante la notte di San Silvestro del 2011 aveva subito un furto con scasso presso la propria abitazione. E dal punto di vista della giustizia amministrativa la situazione si complica quando si scopre che era stata rubata anche una pistola. Nel corso della prima denuncia resa ai Carabinieri, l’uomo aveva dichiarato che l’arma era nascosta nella federa di un cuscino. Un po’ diversa la versione presentata nella denuncia integrativa del giorno successivo. La vittima del furto aveva infatti dichiarato che conservava la pistola “in un vano chiuso a scomparsa della testata del letto”.

L’appello al Consiglio di Stato

La motivazione del ricorso iniziale era, a dire dell’interessato, da ricercare nell’illegittimità della decisione “per violazione di legge ed eccesso di potere”. Respinto il primo ricorso, ecco l’appello al Consiglio di Stato, ultimo grado della giustizia amministrativa. E ci sono voluti più di tre anni dal ricorso, e cinque dai fatti, per ottenere una sentenza. Sostanzialmente identica alla precedente. L’uomo contestava la ragionevolezza della valutazione sulla propria inaffidabilità derivata dall’incauta custodia dell’arma. Anche perché, si legge nel ricorso, aveva sempre “custodito l’arma in modo adeguato”.

La decisione rientra tra i poteri del prefetto

Il Consiglio di Stato motiva l’infondatezza del ricorso appellandosi all’articolo 11 del testo unico 773 del 1931. Nel secondo comma si legge infatti che “le autorizzazioni possono essere revocate quando sopraggiungono circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione”. L’articolo 39 dispone che la facoltà del prefetto di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne. E l’articolo 43 afferma la possibilità di revocare la licenza a chi “non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.

Il potere discrezionale affidato alla prefettura può dunque riguardare l’inaffidabilità del soggetto senza un giudizio sulla sua pericolosità sociale. Anzi: l’assenza di buona condotta può anche riguardare fatti “estranei alla gestione delle armi”. E pertanto la questura era all’interno delle proprie competenze quando ha revocato la licenza “esercitando un potere discrezionale. Riteneva infatti che l’appellante fosse sostanzialmente inaffidabile nell’adeguata custodia delle armi”.

Il Consiglio di Stato: ci fu incauta custodia

Il Consiglio di Stato conferma la posizione originaria: “va ravvisato un abuso quando il titolare della licenza custodisca la propria arma in modo tale che altri possa utilizzarla o con modalità palesemente inadeguate che ne consentano l’asportazione. Il principio di base è uno e sempre il solito. “Il titolare della licenza deve porre in essere tutte le misure che consentano il proprio esclusivo utilizzo dell’arma”. E le modalità devono rendere “oltremodo difficile che altri ne facciano uso”. Nella sostanza, il titolare della licenza “deve evitare che l’arma possa essere liberamente appresa e utilizzata da altri”. La facilità della asportazione dell’arma da parte degli autori del furto “evidenzia la ragionevolezza delle valutazioni del questore. Non hanno rilievo contrario le deduzioni dell’appellante sull’archiviazione della denuncia penale”.

(esseti)