La custodia delle armi: dite la vostra

La custodia delle armi
La custodia delle armi

Da dove cominciare un blog sugli argomenti a noi cari? Inizia dalla A, mi hanno pragmaticamente consigliato… ed è un buon inizio perché, dalla prima lettera dell’alfabeto, prende origine il termine “Attualità”. Uno degli argomenti sempre attuali, visto anche i ribaltoni che i giudici penali e amministrativi hanno impresso negli ultimi anni, è quello relativo alla custodia delle armi.

La custodia delle armi
La custodia delle armi

Poche le norme di legge che dettano le prescrizioni, peraltro alquanto generiche: un articolo del codice penale che di fatto è stato soppresso (art. 702), la generica formulazione dell’art. 20 legge n. 110/1975 e il successivo art. 20 bis, introdotto con la legge 12 luglio 1991 n. 203. Il vero problema è che la legge enuncia solo principi generali, senza dettare o suggerire in concreto alcunché. Si dice che la custodia delle armi e degli esplosivi (dunque ricadono entro la norma le munizioni di ogni genere e la polvere da sparo) “deve essere assicurata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”.

Di qui una prima conseguenza, che impone la lettura della norma in modo autonomo e disgiunto dal successivo art. 20 bis: la custodia diligente delle armi e degli esplosivi – essendo requisito di tutela dell’ordine pubblico – deve sempre sussistere (sempre, anche quando le armi si trovano fuori dal luogo di detenzione).

Conseguenza che implica la possibilità di controllo e di sanzione, da parte delle forze dell’ordine, anche quando non accadono circostanze anomale come furti, sottrazioni, impossessamenti e/o utilizzi indebiti o non autorizzati. Statisticamente trattasi di controlli stimolati dalle prefetture e dalle questure che prescindono dai fatti contemplati dall’art. 21 bis legge 110/75.

Un controllo volto ad accertare semplicemente due circostanze:

a) come sono concretamente custodite armi e munizioni;

b) la corrispondenza tra quanto concretamente possedete (per genere, numero e quantità) e quanto avete dichiarato nella denuncia di detenzione.

Controllo che servirà (in via eventuale, si spera) a reprimere le condotte ritenute contra legem; cosa che avverrà su un duplice binario:

1) trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica, per la contestazione formale di reati connessi alle violazioni che si reputano sussistenti;

2) provvedimenti immediati di natura amministrativa di tipo cautelare o ablativo, che possono andare dal sequestro all’ordine di divieto di detenzione di armi ed esplosivi ex art. 39 Tulps.

Questa, in estrema sintesi, la situazione sulla custodia delle armi prospettata dall’art. 20 legge n. 110/1975. Tralasciando le ipotesi dell’art. 20 bis (se, del caso, saranno argomento di futura discussione), vale la pena prendere in esame il progetto di riforma europeo sul tema.

Si vorrebbero dettare criteri più stringenti (quali? Non si sa), ricollegando le “misure minime di sicurezza” alla quantità e alla specie di armi detenute. Sulla “quantità” c’è poco da dire; sulla “specie” il riferimento è alla classificazione europea, con particolare istinto persecutorio per le armi semiautomatiche di ogni tipo, e per quelle che oggi ricadono nella cat. B7.

Si vorrebbe poi obbligare il detentore a una custodia delle armi ed esplosivi separata.

Certamente verrebbe meno la grande discrezionalità della Pubblica Amministrazione, che talvolta ha cagionato disparità di trattamento e danni a fronte di situazioni identiche.

Ma cosa si inventeranno i burocrati europei, che hanno dimostrato di non saper discernere le potenzialità lesive di un fucile automatico da guerra da quelle di un’arma comune da sparo?

Voi cosa ne pensate? Avete una vostra opinione in merito? Lasciate un commento!

Saluti e safe shooting.