Controllo delle armi in Europa, la relazione della Commissione

controllo delle armi in Europa: bandiera dell'Unione europea davanti alla sede della commissione europea
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Le istituzioni europee tornano a dedicarsi al controllo delle armi in Europa. Il piano d’azione 2020-2025 intende combattere il traffico illegale.

Tra le priorità c’è la salvaguardia del mercato legale, ma quando si parla di controllo delle armi in Europa è sempre bene rimanere vigili. Tra le comunicazioni che la Commissione europea ha inviato a parlamento, Consiglio e Comitato economico e sociale ce n’è per l’appunto una, dettagliata, sul traffico di armi.

Il piano d’azione 2020-2025 si rivolge innanzitutto agli Stati membri e ai partner più vicini come Ucraina, Moldavia e Paesi balcanici. È innanzitutto fondamentale condividere i dati su sequestri, procedimenti giudiziari, licenze di esportazione e spedizioni e sulle armi eventualmente regolarizzate, disattivate e distrutte. I 27 dovranno inoltre alimentare regolarmente il database sulle armi perse o rubate e consultarlo in caso di sequestri, per verificare l’eventuale corrispondenza.

La Commissione europea valuterà inoltre se sia il caso di adeguare la normativa su importazione ed esportazione delle armi civili, in particolare per migliorarne la tracciabilità, facilitare lo scambio di informazioni tra Stati, aggiornare le procedure che regolano il commercio internazionale ed evitare che sia aggirata la Direttiva.

Proprio alla Direttiva sono dedicati due punti espliciti. La Commissione si assicurerà infatti che sia adeguatamente recepita dai 27 e nel 2021 diffonderà un resoconto sulla sua applicazione. Promessa inoltre particolare attenzione alle armi Flobert e alla possibilità di realizzare armi con le stampanti 3D.

Si stima che in Europa ci siano circa 35 milioni di armi clandestine (dati 2017), il 56% delle armi totali. In 20 Paesi le armi illegali superano il numero di quelle legali. Per combattere il traffico di armi in Europa, chiude la Commissione, è necessario cooperare con i Paesi nordafricani e il Medio Oriente, soprattutto Tunisia, Turchia, Libano e Giordania.

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