Se come scena ha il cassetto di un mobile di legno, già di per sé il furto di un’arma può essere sufficiente a dimostrarne l’incauta custodia almeno in sede amministrativa.
Il fatto che sia stata sottratta può già di per sé esser sufficiente a dimostrarne l’incauta custodia, quantomeno in sede amministrativa: respingendo il suo ricorso contro la sentenza del Tar dell’Emilia Romagna, il Consiglio di Stato (sentenza 8389/2022) ha confermato la revoca della licenza a un uomo che nel novembre 2018 aveva subito il furto di un’arma dalla propria abitazione; l’arma, una pistola, era custodita in camera da letto all’interno d’un cassetto di una scrivania in legno.
Parte del ricorso s’articolava sulla volontà di dimostrare che il cassetto fosse chiuso a chiave. Ma come già per il Tar anche per il Consiglio di Stato il dettaglio non è rilevante; anche se chiuso a chiave, in caso di furto un cassetto di legno aperto «con minimi segni d’effrazione alla struttura del mobile» non può essere considerato un luogo adeguato alla custodia di un’arma.
Il Consiglio di Stato ribadisce che in ambito amministrativo, quando cioè si decide sulla revoca o la concessione del porto d’armi, s’applicano criteri più stringenti che in sede penale. Un processo penale ha infatti un fine sanzionatorio, e dunque la sentenza dev’essere pronunciata al di là di ogni ragionevole dubbio. Diversa è invece la funzione del procedimento amministrativo, che intende prevenire l’abuso delle armi; in questo caso è sufficiente «un attendibile grado di verosimiglianza», che rende «più probabile che non» ogni possibile rischio.
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