La questione del calibro ottimale per la pistola continua a essere di attualità. Alcuni appassionati preferiscono proiettili lenti e pesanti rispetto a proiettili leggeri e veloci che permettono di avere una maggior autonomia nel caricatore e producono quantità di moto inferiori, tali da facilitare il contenimento del rinculo.

Sono due filosofie differenti, ciascuna con i suoi pro e i suoi contro

Il dibattito sul calibro ideale per l’arma corta semiautomatica è argomento appassionante. In grado di dividere. Questo perché come in molti altri settori – e per favore non accusatemi di relativismo – è difficile dare risposte univoche a domande che univoche non sono. Mi spiego meglio.

Il calibro .45 ACP è per molti più prestante, sulla carta, del calibro 9 mm. Lo dice la pratica, più che la scienza. Ma non è detto che la “potenza” sia necessariamente la chiave interpretativa per sancire la maggiore o minore efficacia di un calibro.

Efficacia che fa inevitabilmente riferimento alle situazioni di utilizzo e deve rappresentare un giusto compromesso tra la capacità dell’utente di dominare la reazione dell’arma allo sparo e l’effetto invalidante che il proiettile deve avere sul bersaglio, qualora si parli di tiro di difesa. Considerazioni simili possono essere fatte – al netto del fattore di potenza – per il tiro dinamico, dove la cartuccia ideale non può che essere il compromesso tra le capacità dello sportivo, l’efficacia del proiettile e l’autonomia dell’arma.

In questa occasione si parla di tiro da difesa abitativa, che le recenti vicissitudini parlamentari della nuova legge sulla legittima difesa hanno riportato al centro dell’attenzione.

I calibri militari: il .45 e il 9 mm

Nel mondo occidentale, i calibri che hanno fatto la storia del XXI secolo sono due: il .45 ACP e il 9 millimetri nelle sue diverse declinazioni.

Calibri a confronto: il .45 ACP affiancato al .45 GAP
Calibri a confronto: il .45 ACP affiancato al .45 GAP

La cartuccia calibro .45 fu messa a punto da John Moses Browning nel 1904 per essere utilizzata nel prototipo della sua semiautomatica che poi dette origine alla Model 1911. Questa munizione è figlia della filosofia americana secondo la quale “bigger is better” (più grande è meglio) e prende le mosse da test condotti da Thompson e La Garde nel 1904 dopo gli insoddisfacenti risultati in termini di stopping power ottenuti con la .38 Colt (all’epoca ordinanza Usa) contro i ribelli durante l’intervento americano nelle Filippine. La sua veste definitiva prevedeva un proiettile camiciato a testa arrotondata da 230 grani spinto a circa 850 piedi al secondo in una canna da 5”. L’originale versione militare è rimasta sostanzialmente inalterata fino ad oggi ed è commercializzata con pesi di palla contenuti tra 180 e un massimo di 230 grani; la versione Classic di Fiocchi prevede l’offerta di 2 caricamenti: uno con palla da 200 grani (280 m/s e 485 Joule di energia cinetica) e un altro con palla da 230 grani (255 m/s e 485 J). Rispetto a cartucce più moderne, presenta ridotta capacità di penetrazione, è pesante, ingombrante, richiede un maggior impiego di materiali strategici e non risponde più ai NATO Standardization Agreements che hanno fissato nella 9×19 la munizione per l’arma da fianco dei paesi dell’Alleanza.

Essendo un caricamento ampiamente subsonico, il calibro .45 ACP si presta ottimamente all’uso in armi silenziate. Allo stesso tempo possiede buone quantità di moto, combinazione che facilita il corretto funzionamento in qualsiasi arma. Esagerando con le quantità di moto, però, diventa di difficile gestione a causa di un rinculo importante.

Calibro ancora ricco di estimatori, in ambito NATO è stato soppiantato dal 9 mm Para (9×19 mm) e dalla sua versione civile 9 mm Luger. Anche questa cartuccia vanta oltre un secolo di storia essendo stata ideata nel 1902 trasformando in cilindrico il bossolo a collo di bottiglia del 7,65 mm, aumentando così il diametro della palla e il volume disponibile per il caricamento.

Ad oggi, con una moltitudine di caricamenti disponibili, il calibro 9 mm (in Italia disponibile in versione 9×21 mm per motivi legali) è un calibro veloce, ben gestibile da parte dell’utente che, al tempo stesso, fornisce sufficiente energia invalidante; le proposte Fiocchi Classic in 9×21 montano palle da 123 grani veloci (dai 360 ai 375 m/s) in grado di sviluppare energie paragonabili a quelle del .45 (da 460 a 518 J).

Glock Competition, Full size, Compact e SubCompact
La dimensione conta. Nel mondo Glock sono 4 i modelli offerti; da sinistra: Competition, Full size, Compact e SubCompact

Considerevole l’autonomia dell’arma che lo impieghi. Si pensi, ad esempio, al mondo Glock; la full size G17 in 9 mm ha un’autonomia standard di 17 colpi contro i 13 della G21 nel calibro maggiore.

In entrambi i casi, si tratta di due cartucce che richiedono la presenza di una solida chiusura geometrica e, per essere apprezzati, di armi di massa adeguata (full size e compact, subcompact nel caso di utenti esperti).

I calibri compact

Per quanto riguarda le armi più compatte – e non mi riferisco alle subcompact quanto piuttosto alle pistole tascabili – un tempo era molto popolare .25 ACP, conosciuto in Italia come 6,35 mm, il più piccolo calibro a percussione centrale attualmente in produzione. Pensato per essere camerato in pistole semi-automatiche a chiusura labile molto compatte e leggere, è pensato per spingere una palla da 50 grani con una dose di propellente sufficiente a proiettarla ad una velocità iniziale che si attesta intorno ai 230 metri al secondo. Questa combinazione di fattori fa sì che sviluppi un’energia di 86 Joule, oggi considerata risibile.

Molto più interessante è il 9 mm corto (.380 Auto secondo la definizione americana), calibro che utilizza palle del diametro nominale del 9 Para in un bossolo più corto di circa 2 mm e fornisce prestazioni interessanti che, con la palla standard da 95 grani, parlano di una velocità di 300 m/s e un’energia di 271 Joule.

Oltre al 7,65 mm nelle sue due versioni (.32 ACP e .30 Luger), ormai desueto, si possono menzionare i .357 Sig, .40 S&W e 10 mm Auto, che riescono comunque a ritagliarsi una nicchia tra gli appassionati della potenza bruta.

Sono più difficilmente gestibili e richiedono armi di massa adeguata per essere sfruttati al meglio. Ciò non toglie che per la difesa abitativa e nei casi in cui non ci sia la necessità del porto, possano essere più che adeguati anche se è da notare che non esiste un calibro per pistola (dominabile, aggiungo) in grado di garantire lo one shot stop, la capacità di abbattere l’offesa con un solo colpo.

Molto meglio, quindi, optare per un calibro che faciliti la ripetizione del colpo. Caratteristica enfatizzata da alcuni caricamenti moderni, come il Black Mamba di Fiocchi. La sua palla, con geometria tronco conica con punta concava, è leggera e ottimizzata per ciascun calibro (nel calibro 9 mm si parla di 100 grani contro i 125 del caricamento standard) ed è espressamente dedicato alla difesa personale, specie a quella abitativa.

La leggerezza della palla fa sì che il proiettile esca a velocità decisamente superiori a quelle dei caricamenti standard (440 m/s per 627 J), tali da comportare effetti particolarmente rilevanti su tessuti muscolari, corpi tumidi e ossa (che vengono frammentate e non solo rotte).

Il proiettile ha una conformazione che porta a una maggiore cessione energetica e può inoltre destabilizzarsi nell’attraversamento di “strati” con differente densità; tende inoltre a deformarsi più facilmente di quanto non faccia un comune proiettile camiciato.

Il vantaggio sulla cessione energetica è insignificante ma sono invece molto significative la ridotta attitudine al rimbalzo e la penetrazione adeguata, coniugata con una minore tendenza alla sovra-penetrazione nel bersaglio biologico.